GENDER GAP: FOCUS SU AZIONI, STRUMENTI E PROSPETTIVE
PARITÀ DI GENERE, A CHE PUNTO SIAMO Per “Gender Gap” (divario di genere) si intende la disparità tra uomini e donne, in favore dei primi, in termini di accesso alle opportunità e ai diritti, che può manifestarsi in diverse forme, come la differenza di retribuzione, l’accesso limitato all’istruzione e all’occupazione e la scarsa rappresentanza delle donne in posizioni di leadership. Secondo il Global Gender Gap Report 2022 curato dal World Economic Forum, l’Italia si posiziona al 63° posto a livello mondiale su un totale di 146 Paesi, in base a un punteggio che rappresenta la percentuale del divario di genere che è stata colmata, pari al 72%. Il Gender Pay Gap, o divario retributivo di genere, è invece la differenza nella retribuzione oraria lorda media tra donne e uomini, una differenza che è quasi sempre a sfavore delle prime. Anche il Gender Pay Gap è un tema complesso ed è determinato da diversi fattori, a partire da cultura e mentalità: per esempio, le aspettative di genere hanno portato a considerare come “femminili” lavori che tendono ad offrire una retribuzione inferiore rispetto ad altri ritenuti più tipicamente “maschili”. Discriminazioni di genere ricorrono anche nei processi di assunzione e nell’iter di carriera, con scarsa presenza femminile nei ruoli dirigenziali e compensi minori per ricoprire gli stessi ruoli dei colleghi di sesso maschile. In Italia, secondo l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica, il salario medio mensile di una laureata magistrale a 5 anni dalla laurea è inferiore di 293 euro rispetto a quello di un laureato di sesso maschile, con una differenza pari al 21% del salario femminile. Sono, inoltre, principalmente le donne ad avere in carico le esigenze di assistenza familiare, che spesso si sforzano di conciliare accettando lavori part-time: sommando il lavoro di cura familiare al lavoro retribuito ne risulta un maggior numero di ore lavorate, rispetto agli uomini, pur guadagnando meno. Le responsabilità familiari, dalla maternità alla cura dei genitori anziani, comportano anche discontinuità nella carriera per le donne, che rischiano di perdere opportunità di crescita nei periodi di lontananza dal lavoro. Il raggiungimento di una parità di genere, quindi, non può prescindere dal riconoscimento e dalla valorizzazione del lavoro di cura e del lavoro domestico non retribuiti. In Europa, secondo le rilevazioni Eurostat, il Gender Pay Gap medio si aggira intorno al 13% – ovvero le donne guadagnano in media il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini – ma ci sono notevoli differenze tra i Paesi dell’UE. In Italia, il Gender Pay Gap nel 2021 era pari a circa il 5%, un dato in apparenza positivo. Ma, paradossalmente, rispetto al tasso medio di occupazione OCSE per la forza lavoro femminile, che si avvicina al 70%, l’Italia è sotto di quasi 20 punti: una donna su due non lavora e non è in cerca di lavoro. La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione: il numero di donne che hanno smesso di lavorare a causa del Covid-19 è stato più del doppio degli uomini. QUALI SONO LE AZIONI E LE SOLUZIONI PER SUPERARE IL DIVARIO DI GENERE? Agire sul cambiamento culturale è un primo passo fondamentale per superare il divario di genere. Ciò significa sensibilizzare la società sul fatto che le donne possono fare gli stessi lavori degli uomini, che possono avere la stessa formazione e le stesse opportunità di carriera. Occorre quindi modificare un approccio culturale consolidato in cui si stratificano pregiudizi e stereotipi di genere. Un tema prioritario sul quale è necessario intervenire riguarda l’incoraggiamento della formazione di abilità anche in ambito tecnico e scientifico (ovvero le materie STEM: Science, Technology, Engineering and Math). Questo può aiutare a rompere gli stereotipi di genere e a garantire che le donne abbiano le stesse opportunità di lavoro degli uomini. Inoltre, è necessario favorire un ambiente di lavoro aperto e inclusivo. Un altro aspetto basilare riguarda lo sviluppo di una strategia di inclusione, attraverso regolamenti incontrovertibili per le aziende e le pubbliche amministrazioni, il cui rispetto rappresenti un vantaggio per l’intera organizzazione. Per esempio, attraverso la promozione di programmi di pari opportunità, di politiche di inclusione e di azioni positive per la parità di genere. È indispensabile, inoltre, aumentare l’uso di forme flessibili di lavoro che favoriscano il ruolo delle madri. Ciò può includere l’accesso a permessi di maternità e paternità retribuiti, l’orario di lavoro adattabile, il lavoro da casa e altre forme di flessibilità che consentano alle donne di bilanciare le responsabilità lavorative e famigliari. Infine, è necessario potenziare altri benefici, oltre al salario, che possano riconoscere l’importante ruolo delle donne nella società, quali: la fornitura di servizi di assistenza all’infanzia, la formazione e lo sviluppo professionale; ma anche l’accesso a programmi di assistenza sanitaria dedicati, considerando che anche in questo ambito sono presenti significative differenze legate al genere. UNO SGUARDO AGLI STRUMENTI DISPONIBILI Quali sono i principali strumenti che possono aiutare a superare il divario di genere e garantire una maggiore parità di opportunità per le donne? Un passaggio chiave per la promozione della parità di genere all’interno delle organizzazioni, e un fattore decisivo in termini di empowerment femminile in Italia, è rappresentato dalla legge Golfo-Mosca (legge 120/2011), che ha introdotto dal 2012 le “quote rosa” nei CDA delle grandi imprese. La soglia, fissata inizialmente al 20%, è stata poi innalzata fino al 40% per le società quotate in borsa private e al 33% per quelle pubbliche. Un altro traguardo fondamentale è la direttiva “Women on board” che intende migliorare l’equilibrio di genere nelle posizioni decisionali delle principali società quotate dell’UE. Dopo 10 anni di negoziati, la direttiva è stata adottata dal Parlamento Europeo a novembre 2022 e prevede che, entro il 2026, il 40% dei posti in consiglio di amministrazione – senza incarichi esecutivi – e il 33% di tutti i posti di amministratore dovranno essere occupati dal sesso sottorappresentato (ad esclusione delle società con meno di 250 dipendenti). Nei prossimi due anni la normativa dovrà essere recepita dai Paesi membri. Un nuovo, importante strumento è la Certificazione della Parità di Genere. Istituita con Legge n. 162/2021,
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