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Microattivismo femminista: piccoli gesti, grandi cambiamenti

Il microattivismo femminista è una forma di attivismo che si concentra su piccoli gesti quotidiani per combattere il sessismo e promuovere l’uguaglianza di genere. A differenza delle grandi manifestazioni e proteste, il microattivismo si sviluppa attraverso azioni individuali e spesso silenziose, ma che possono avere un impatto significativo nel lungo termine. L’approccio di rivendicazione e di critica rappresenta una delle cause della lontananza di tante donne da una forma di femminismo più attiva, pur condividendone gli obiettivi. Per chi rifugge dalla mobilitazione collettiva, il microattivismo femminista può rappresentare la svolta: comportamenti quotidiani e individuali che partono da un’osservazione critica della realtà e mirano a combattere il sessismo e promuovere l’equità di genere su scala ridotta e con un approccio molto concreto, teso ad agire su aspetti specifici. E dunque ti proponiamo alcuni esempi di microattivismo. Vuoi vedere che anche tu sei già femminista? Linguaggio Supporto alle donne nel lavoro Promozione dell’equità domestica Educazione Educare bambine e bambini all’equità di genere è una delle forme più potenti di iniziativa civica. La forza del gruppo. Molti dei cambiamenti significativi vengono generati dalle persone, dai gruppi spontanei e dall’aggregazione. In questo microattivismo e attivismo giocano un ruolo fondamentale. Il movimento #MeToo, ne è un esempio. Nasce nel 2006 come un movimento sociale contro la violenza e le molestie sessuali, ha avuto un impatto globale nel 2017 diventando con l’hashtag su Twitter trend mondiale, portando alla luce migliaia di storie di abusi e generando cambiamenti significativi nelle politiche aziendali e nella legislazione in molti paesi. L’Islanda è spesso citata come esempio positivo nella promozione dell’equità di genere. Il Modello Islandese viene sempre ripreso come il paese con il più alto livello di parità di genere secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum. Le politiche a favore delle donne, come la legge sulla parità salariale e le generose politiche di congedo parentale, sono il risultato di decenni di micro e macro attivismo. Tante donne hanno esercitato il giorno libero nel 1975 e nel 2023 per mostrare l’impatto dell’astensione totale dalle loro attività quotidiane. Anche le iniziative aziendali sono spesso il risultato di pressioni interne da parte dei dipendenti, che si organizzano in gruppi intorno all’obiettivo condiviso della parità di genere e sono riconosciuti formalmente dall’azienda come ERG (Employee Resource Groups). Anche i social fanno la loro parte. #Microfeminism è diventato trend su Tik Tok con centinaia di video brevi pubblicati e milioni di visualizzazioni. I contenuti più originali riguardano: esperienze personali, con video di vita reale in cui le utenti mostrano come hanno sfidato comportamenti sessisti in maniera creativa e sottile, diventando un modello per altre donne; mini-guide e tutorial realizzate da creator su come rispondere a commenti sessisti in modo assertivo o come portare avanti discorsi di empowerment nei propri gruppi sociali. A cura di Federica De Felici e Francesca Funaro

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Parità di genere: un orizzonte lungo altri 50 anni

L’edizione 2024 del report McKinsey “Women in the Workplace” ci restituisce interessanti evidenze sulla partecipazione delle donne nel mondo del lavoro. Lo studio da 10 anni misura la presenza/assenza femminile nelle aziende americane all’interno della catena gerarchica dal primo impiego “entry level” fino alla C-suite, attraverso i ruoli di Manager, Director, VP, SVP. Una rilevazione che ha coinvolto nel decennio più di 1.000 aziende, 480.0000 persone, intervistando nel 2024 15.000 lavoratori e lavoratrici di 281 organizzazioni (che complessivamente hanno 10 milioni di persone), misurando così la condizione femminile nel complesso, ma anche nei sottoinsiemi white, black, asian, latinas. I dati del 2024 rappresentano una situazione in miglioramento, l’effetto di azioni che le aziende hanno messo in campo nel tempo. La difficoltà e la lentezza del cambiamento denotano una fragilità del sistema, trasformazioni che non hanno inciso radicalmente e profondamente, da cui un ottimismo offuscato sul futuro. Partendo dal 17% del 2015, le donne nella C-suite oggi sono il 29%, ma il gap nella crescita lungo la pipeline è ancora ampio, considerando il 48% nell’entry level ed il 39% nei manager. Anche per le “women of color” pari al 7% nella C-suite permane una sotto rappresentazione dal 19% nel primo livello. Difficoltà per le donne su ogni passaggio, già nella salita del primo gradino (“broken rug” in gergo tecnico). Da entry level a manager ogni 100 uomini solo 81 donne sono promosse (dati 2024 vs 79 nel 2018, ad evidenziare un piccolissimo miglioramento) e questo effetto si propaga nel restante percorso di crescita. Guardando poi nel dettaglio le 81 donne rappresentano una percentuale media, con un divario tra 89 nel caso di donne bianche a 54 black women. Tutto questo si traduce in un orizzonte ancora lungo, pari ad altri 50 anni per il raggiungimento della parità per le donne. Un tempo medio che si divide in due diversi scenari: 22 anni se consideriamo le donne bianche e più del doppio, 48 anni, per le “women of colour”. E’ pensiero diffuso che le aziende con maggiore presenza femminile beneficiano di maggiore innovazione, una cultura più sana e prestazioni migliori, oltre che creare modelli di ispirazione per le nuove generazioni. Quali possibili azioni aiutano ad invertire la rotta? Interessanti gli spunti sul ruolo di alleati che possono avere gli uomini, per un cambiamento profondo ed efficace: Promuovere una cultura inclusiva, ingaggiando gli uomini verso l’obiettivo finale, rendendoli consapevoli del contesto e delle difficoltà incontrate dalle donne, considerando che la percezione maschile rispetto al raggiungimento della parità risulta maggiormente ottimista di quanto non riscontrino le donne. Prevedere programmi di sponsorship per i Senior-level uomini, così da favorire il superamento dell’Affinity bias che porta a scegliere profili affini, a discapito di figure femminili altrettanto meritevoli. Evidenziare i benefici derivanti da programmi di work-life balance anche per gli uomini come ad es. l’estensione del congedo parentale e normalizzarne l’utilizzo. La fotografia dei dati conferma una consapevolezza sempre più ampia, ed un percorso in itinere, su cui non bisogna rallentare, anzi, uniti si dovrebbe accelerare per offrire alle nuove generazioni di oggi un contesto che sia equo, senza dover attendere ancora una manciata di decenni. Per approfondire e leggere il report: https://leanin.org/women-in-the-workplace A cura di Stefania Lofiego Immagine dell’articolo generata con AI

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Gli esami non finiscono mai

Tratti tesi, viso pallido, sguardo quasi assente o, meglio, concentrato solo sui suoi pensieri: date, nomi, opere, formule, connessioni di ogni genere da ricordare… Io sono accanto, mi è vietato assistere al colloquio, ma ci sono per i consigli sull’outfit, per ricordare il documento da portare con sé e per accompagnarla fino all’ingresso dell’istituto liceale per sostenere la prova finale; poi corro al lavoro come sempre, ma quando immagino che possa iniziare il suo momento, mi prendo una pausa anch’io e vado insieme a tutta la famiglia (compreso il quattrozampepeloso) ad attenderla rigorosamente fuori dal famoso Istituto che per cinque anni l’ha accolta. Finalmente esce dall’austero portone sorridendo insieme a qualche compagna e compagno che sono rimasti con lei fino alle 14,15… è finita!!! Dal sorriso intuisco che sia andata bene e la prima domanda che le rivolgo riguarda quale sia stato lo spunto iniziale sottoposto dalla Commissione da cui avviare i collegamenti con tutte le discipline, scoprendo con mio grande piacere ed orgoglio che l’esame è iniziato con il commento sulla celebre opera Giuditta di Klimt, da cui sono scaturite tutte le connessioni che riguardano l’importanza e il ruolo della DONNA: dalla femme fatale de “Il Piacere” di D’Annunzio alla Messalina raccontata da Tacito e divenuta archetipo di donna dissoluta (accusata di malaffare per accusare il marito imperatore Claudio) e considerata da Giovenale come la causa della distruzione dell’istituzione del matrimonio. Il colloquio poi ha portato a illustrare alla Commissione la donna forte del romanzo inglese di Jane Austen che con “Orgoglio e pregiudizio” dà vita ad una storia che ha emozionato intere generazioni in cui oltre alla consueta costrizione della donna al matrimonio per motivi economici e sociali,  emerge Elisabeth che usa la sua intelligenza come una vera arma, e ancora al movimento storico delle suffragette che ha dato l’avvio alle prime rivendicazioni femministe con una forza travolgente che è arrivata fino ai giorni nostri con il suffragio universale post bellico, una forza talmente sovvertiva da paragonarla alla forza distruttrice dei vulcani (ecco la donna vista come un vulcano di energia!)   Nel bel mezzo della discussione sul diritto di voto in Italia sancito dalla nostra Costituzione, il Presidente di Commissione chiede cosa pensi la ragazza riguardo alle quota rosa: un parere non favorevole è quello che riceve in risposta perché “dovremmo vivere in un’epoca in cui le quote rosa non dovrebbero esistere” purtroppo sappiamo che per assicurare un’equa partecipazione alla vita pubblica ed economica in primis in Parlamento, tali quote sono un espediente necessario. Questo esame per me è stata è la testimonianza che quando si semina si raccoglie e oltre alla preparazione scolastica di mia figlia frutto dei suoi sacrifici, è anche il risultato dei dibattiti familiari sul tema di genere che hanno prodotto un pensiero autonomo e critico di cui sono orgogliosa, così come sono soddisfatta che nelle scuole finalmente se ne parli e se ne dibatta ampiamente, perché le future generazioni acquisiscano prima di tutto consapevolezza e abbiano gli strumenti per combattere e gestire le discriminazioni di genere. E’ proprio questo il motivo, oggi, del mio impegno in NoiD! Confesso che una grande emozione ha pervaso tutta la mia giornata, come donna, madre, lavoratrice, che ha dovuto combattere contro tanti stereotipi ed oggi sento di avere raggiunto un traguardo importante trasmettendo ad una giovane ragazza il valore della consapevolezza delle proprie capacità, perché gli esami non finiscono mai! a cura di Gerarda Alessi

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NoiD Estate: Libri per ispirarti e fare la differenza

L’estate è il momento perfetto per dedicarsi alla lettura e alla crescita personale. Quest’anno, abbiamo selezionato una serie di libri incentrati sull’empowerment femminile, sul superamento del gender gap e sullo sviluppo professionale. Attraverso queste pagine, potrai trovare ispirazione, strumenti pratici e una nuova consapevolezza delle tue potenzialità.  E tu, quale libro sceglierai per iniziare questo percorso di empowerment?  “Come chiedere l’aumento” di Azzurra Rinaldi Sei pagata per quello che vali? “Come chiedere l’aumento” è un manuale indispensabile per avere consapevolezza del proprio valore come professionista, sia come dipendente che imprenditrice, ed imparare a negoziare il proprio compenso. Attraverso dati, esempi, tecniche, Azzura Rinaldi fornisce il quadro generale da prendere in considerazione per migliorare la propria situazione lavorativa e avere una nuova prospettiva per la negoziazione dello stipendio. Una guida per scardinare le donne dallo schema che le relega alla passività, ribaltare la narrazione condivisa sul denaro e acquisire consapevolezza e strumenti per avviare una conversazione sui soldi e chiedere il giusto compenso. Capire il timing, scegliere le proprie battaglie, definire i propri obiettivi, trovare alleate e definire il proprio valore contrattuale sono solo alcune delle cose che imparerai sotto il sole di questa estate grazie a questo libro. “Mamme d’Italia” di Manuela Perrone e Monica D’Ascenzo “Mamme d’Italia. Chi sono, come stanno, cosa vogliono” ci offre una fotografia reale e toccante della maternità di oggi in Italia. Attraverso dati, testimonianze _la voce delle mamme_ e un’analisi approfondita, le autrici affrontano con “autenticità” un tema complesso e sfaccettato, offrendo una visione a 360 gradi dell’esperienza materna. Nel racconto sono trattati tutti gli aspetti della maternità, dalla scelta di diventare madri alle sfide della conciliazione lavoro-famiglia, passando per i cambiamenti fisici e psicologici. È un libro che fa riflettere sulla società in cui viviamo e sulle politiche familiari necessarie per sostenere le mamme e le famiglie, per questo si consiglia a chiunque sia interessato ai temi della famiglia e delle pari opportunità. “Ricordatemi come vi pare” di Michela Murgia Il libro è un’autobiografia postuma che esplora le molteplici vite e esperienze dell’autrice. Un racconto dirompente e ribelle che dà eco alla sua voce vivissima, svela pensieri e azioni dietro a fatti o eventi che hanno generato altro da lei. Parole potenti, le sue, che ancora una volta sovvertono il sistema e smuovono l’anima. Un regalo immenso a chi la stima profondamente ma anche a chi non l’ha capita, occasione per ricredersi. “Non farti fottere” di Lilli Gruber Lilli Gruber analizza il ruolo della pornografia nel plasmare le percezioni della sessualità, delle relazioni di genere e del potere. Attraverso un’analisi storica e una meticolosa ricerca, ricca di dati, l’autrice mette in luce come questa industria non solo rifletta, ma anche rafforzi le disuguaglianze di genere, tanto più a seguito dell’evoluzione del mercato che esaspera le dinamiche di sfruttamento, l’accentramento della ricchezza in pochi soggetti che gestiscono le piattaforme e la disponibilità di contenuti che trasmettono un’immagine della sessualità performante, lontana da qualsiasi emotività, molto pericolosa se disponibile anche a soggetti assolutamente fuori target quali i giovanissimi. Un saggio coraggioso e di grande rilevanza sociale, imprescindibile per chiunque voglia comprendere un tema spesso tabù e affrontare le sfide del nostro tempo, sia in prima persona sia come genitore o mentor di ragazze e ragazzi più giovani. “L’architettrice” di Melania G. Mazzucco La lettura di un romanzo storico è l’occasione per uscire dalla quotidianità. “l’Architettrice” di Melania Gaia Mazzucco riesce a calarci nella realtà del Seicento con intensità e minuzia di particolari. E’ la storia di Plautilla, una donna moderna intrappolata negli schemi e nei dogmi del passato che fatica a trovare posto nella storia a causa delle sue modeste origini e della propria natura di donna. E’ la stessa Plautilla che ci racconta come riuscirà, senza arrendersi alle avversità e con sacrificio, a raggiunge un traguardo ambito in una fase storica all’interno della quale al gentil sesso non era contemplata alcuna forma di parità al genere maschile. Un romanzo intenso, ma nello stesso tempo scorrevole e piacevole, che ha il gran merito di arricchirci riportando alla luce un personaggio storico caduto nell’oblio.

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Mostra di Carla Accardi: riflessioni su arte e parità di genere

La mostra su Carla Accardi al Palazzo delle Esposizione raccoglie 100 opere che spaziano dal 1942 fino alla sua scomparsa nel 2014 e rappresenta un inno alla creatività ed alla ricercata produzione di una pittrice italiana, ritenuta tra le più originali del dopoguerra. Una artista sperimentatrice che ha contribuito all’affermazione dell’astrattismo ed è stata esponente del neo-femminismo italiano, costituendo il gruppo Rivolta Femminile nei primi anni settanta. Il percorso espositivo è stato progettato per mettere in risalto la ricerca dei contrasti, raccontati come forma di integrazione e la sperimentazione nell’arte astratta. Un cammino che ha inizio nel 1947 con la realizzazione del primo quadro astratto, “Scomposizioni”, ispirato a Kandinskij, dove la geometria dei triangoli incrociati sembrava la cosa più vicina ad una forma di struttura, che secondo lei ”Fu una scelta ideale e ideologica arrivata dopo molte discussioni. Per me questa era l’arte.” In mostra vengono presentati la svolta radicale della pittura in bianco e nero e le successive sperimentazioni con i colori e con un nuovo materiale, il sicofoil, oltre agli ambienti degli anni Sessanta fino agli anni Duemila. Nelle diverse fasi artistiche, Accardi accosta colori puri a contrasto, bianco e nero, rosso e viola, rosso e verde, in realizzazioni di dimensioni anche molto grandi, dove lo sfondo ed il tratto si invertono con l’idea che colori opposti, che non si compenetrano, messi insieme, esaltano la brillantezza e la luminanza di ognuno. Di fronte alla contemplazione di queste opere, viene spontaneo pensare a temi di genere che sono all’attenzione della nostra Associazione, come la pluralità, l’importanza di una maggiore presenza femminile in contesti finora prevalentemente maschili. Alcuni quadri come l’”Integrazione” o il “Labirinto” sembrano rievocare alcuni nostri concetti come la diversità, l’inclusione, la dialettica, l’opportunità che esiste nell’affiancarsi a chi è distante o opposto, perché l’effetto finale è la valorizzazione di ogni componente. Guardando i tratti che si ripetono su tutta la superficie, ci si accorge che il segno continuo è come un tic, che occupa lo spazio senza che ci sia un centro dell’opera.  Da qui il valore di ogni tratto, che avvolge se stesso e che, pur nella ripetizione identica agli altri, ha una propria unicità, in un continuum che riempie la superficie, traendo spunto dalla natura che si ripete in maniera vitale.  Si possono ammirare i tratti nelle opere in sicofoil come le “Tende” e il “Labirinto” che delimitano visivamente lo spazio, offrendo prospettive molteplici all’interno di un gioco di immersione nell’opera.  La sua arte sembra rievocare l’importanza della pluralità dei punti di vista, una delle capacità manageriali essenziali per una leadership che deve ispirare attraverso l’empatia, con piena valorizzazione di ogni singolo contributo. Ci si sorprende nel capire come l’arte abbia questa capacità di ispirare comportamenti e rappresentare il mondo. Soffermandoci sul tema del neofemminismo, nel 1970 Carla Accardi fonda con Carla Lonzi ed Elvira Banotti il gruppo di Rivolta femminile, definito “tra i primi e più radicali gruppi del femminismo italiano”, il cui Atto costitutivo diviene il Manifesto di Rivolta Femminile.  Tra le diverse affermazioni decidiamo di soffermarci su alcune: “Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?” (Olympe de Gouges, 1971) Sicuramente rispetto a questa affermazione sono stati fatti tanti passi avanti, parole come #sorellanza sono entrate anche nel vocabolario comune, hanno rappresentato ideali promossi da personalità come Michela Murgia e da Associazioni attive nell’ambito della parità di genere e nella valorizzazione del talento femminile. “Le donne sono persuase fin dall’infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona “capace” e “responsabile”: il padre, il marito, il fratello…” Considerato che il 37% delle donne non ha un conto corrente nominativo in Italia – come ci ricorda Azzurra Rinaldi con la sua attività sui temi di genere in ambito economico finanziario – questa affermazione resta purtroppo, in molti contesti, ancora attuale. Scardinare fin dall’infanzia l’educazione di genere che associa la forza e l’intraprendenza ai maschi e la propensione all’accudimento alle femmine, spaventa ancora tanto, in quanto sono ritenute da molti le naturali inclinazioni di maschi e femmine. Dovremmo cercare di educare con modelli più liberi e consapevoli, che possano contrastare la pervasività degli stereotipi, dovremmo promuovere la cultura dell’indipendenza economica delle bambine. “La parità di retribuzione è un nostro diritto, ma la nostra oppressione è un’altra cosa. Ci basta la parità salariale quando abbiamo sulle spalle ore di lavoro domestico?” Il gap sulle retribuzioni è ancora una lacuna, i 50 anni trascorsi dal Manifesto non sono stati sufficienti ad implementare azioni risolutive. Si prova un po’ di amarezza nel ricordare gli 8.000 euro che ancora oggi rappresentano il delta delle retribuzioni femminili nel periodo lavorativo (rif. al nostro articolo https://www.noidtelecom.it/index.php/2023/11/14/equalpayday-7-922-euro-in-meno-allanno-per-le-donne-2/), che si ripercuote anche sulle pensioni acuito dall’incidenza di eventuali congedi per maternità non retribuiti. Donne meno pagate e meno presenti nel mondo del lavoro, considerando che gli ultimi dati ci dicono che siamo tra i Paesi europei con minore occupazione femminile, con un 55% a fronte del 69,3% dell’Unione Europea, inoltre una donna su cinque lascia il lavoro dopo la maternità perché il lavoro di cura è ancora a prevalenza femminile. Per NoiD il paygap è una delle priorità del 2024, affinché ci sia equilibrio in tutte le posizioni manageriali a prescindere dal genere di chi esercita il ruolo. I temi sollevati da Carla Accardi nel Manifesto di Rivolta Femminile sembrano in parte ancora attuali. Carla Accardi è riuscita a conciliare la bellezza artistica dell’astratto, che può sembrare inafferrabile, con la concretezza di un manifesto femminista, intriso di concetti che richiamano alla necessità di creare una realtà equa e giusta. La dialettica degli opposti ci ha avvolto con colori pieni di vita e resta per noi uno stimolo a rimanere sempre curiose, a guardare il mondo da più prospettive. L’incompiutezza dei punti del Manifesto ci ha reso ancora più consapevoli del contributo che dobbiamo dare, affinché ogni persona possa essere valorizzata nella sua luminosa unicità, proprio come i tratti nell’Arte della Accardi. Se non l’aveste ancora vista, Buona Mostra a tutte e tutti! Articolo

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Women7: un faro sulla parità di genere coinvolge i vertici del G7

Si è tenuto a inizio maggio nel cuore pulsante di Roma, il summit mondiale di Women7, il gruppo d’impegno civile che ha presentato il Communiqué, un piano di azione rivolto ai vertici del G7. Quest’ultimo invece, si riunirà in Puglia dal 13 al 15 giugno. Il Women7 (W7) è stato istituito dalla Presidenza canadese del 2018, ad oggi conta 90 delegati di diversi Paesi del mondo appartenenti a esponenti della società civile, al mondo associativo, ad Organizzazioni non governative, con il compito di emettere raccomandazioni al G7 -il forum informale che riunisce Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America che proprio in questi giorni si riunirà al Summit in Puglia. Basandosi sui principi femministi di intersezionalità e inclusione, il W7 riunisce organizzazioni femministe e gruppi di difesa dei diritti delle donne non solo dei paesi del G7 ma anche di tutto il mondo impegnati a favore dei diritti delle donne e delle ragazze. “Il suo obiettivo” si legge sul sito “è garantire che i leader del G7 adottino impegni politici e finanziari concreti che portino ad un impatto tangibile, duraturo e trasformativo sulla vita delle donne e delle ragazze ovunque”. Durante il summit di maggio è stato presentato il Communiqué, un piano di azione volto a incrementare l’investimento in programmi di sviluppo per le donne e a promuovere politiche inclusive con lo scopo di garantire l’equità di genere e intergenerazionale a tutti i livelli: lavoro, giustizia economica, empowerment finanziario, violenza di genere, giustizia climatica, donne pace e sicurezza. Il Communiqué Il documento si intitola Richieste femministe per costruire un futuro equo, giusto, sostenibile e pacifico ed è stato elaborato da esperte femministe provenienti da 42 Paesi, tra cui giovani donne e donne dei Paesi a basso e medio reddito. L’obiettivo del Communiqué è tracciare una roadmap per i governi di tutto il mondo per garantire l’equità di genere e intergenerazionale a tutti i livelli: decisionali negli organismi politici ed economici pubblici e privati; di creazione di modelli economici inclusivi e innovativi; di raccolta di dati di genere per colmare il gender data gap; di sviluppo delle valutazioni di impatto di genere; nell’istruzione e nell’abbattimento di stereotipi di genere. Il Women7 ha anche messo in luce l’importanza della tecnologia e dell’innovazione come strumenti di emancipazione. Si è discusso, infatti, di come l’accesso alla tecnologia possa migliorare la vita delle donne, soprattutto in quelle regioni dove le disparità sono più marcate. La rappresentanza del W7: Il G7 delle pari opportunità Il coinvolgimento di Women7 al G7 rappresenta un passo significativo verso il raggiungimento delle pari opportunità nel panorama internazionale, un faro di speranza per costruire un futuro più equo e sostenibile. Il prossimo appuntamento è previsto a ottobre, a Matera. L’uguaglianza di genere non è solo un ideale ma una realtà inevitabile. A cura di Federica De Felici

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Sogni di stelle e scoperte luminose-Ho portato Marie Curie e Margherita Hack nella classe di mia figlia

Parlare di materie STEM alle elementari Un giorno di aprile, in una scuola elementare di Roma, è stata organizzata una giornata speciale: genitori o nonni potevano candidarsi per tenere una lezione di scienze ai bambini. Ho deciso di candidarmi per la classe 1 E di mia figlia per parlare di due scienziate: Margherita Hack e Marie Curie.  Quando sono entrata in classe, ho notato subito lo sguardo complice e divertito dei bambini e delle bambine che, conoscendomi già, erano curiosi e curiose di sapere cosa avrei raccontato. Neanche mia figlia ne era a conoscenza. Le maestre, che erano presenti e che hanno sostenuto questo progetto con entusiasmo e partecipazione, dopo aver governato con autorevolezza la frizzante vivacità della classe, ad un certo punto, quasi passandomi la palla, hanno dichiarato: “sono tutti suoi, Laura!” Ho deciso, dunque, di iniziare la lezione salutando la classe con un buongiorno rivolto sia ai bambini che alle bambine. Subito dopo mi sono presentata in modo formale, quasi come si fa ad una riunione di lavoro, cercando però di adottare un linguaggio semplice e intuitivo. Ho raccontato ai bambini di aver studiato anche io alle elementari, alle medie, al Liceo classico ed infine ho raccontato di aver scelto all’Università la facoltà di Ingegneria Nucleare.  Mi sono dunque definita una Ingegnera Nucleare. Per rompere il ghiaccio, ho consegnato ad ognuno di loro un cartoncino colorato, spiegando che, una volta ascoltata la storia di ogni scienziata, potevano scrivere una parola, una frase che li avesse colpiti o incuriositi. Appena ho colto degli sguardi attenti, ho iniziato a leggere la storia di Margherita Hack tratta dal libro: “Storie della Buonanotte per bambine ribelli”, la quale, nata circa cento anni fa, era una astrofisica, quindi studiosa delle stelle e dei pianeti e sosteneva che siamo tutti fatti interamente di elementi creati nel cuore delle stelle. Ho letto ad alta voce di come Margherita Hack scrutasse i cieli, attraverso un telescopio enorme ed ho specificato, scadenzando bene le parole, che aveva la testa piena di domande. Ho colto l’occasione per sottolineare come avere una testa piena di domande voglia dire essere persone curiose di conoscere il mistero della vita e il meccanismo affascinante della natura. Ho sottolineato il fatto che è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico e che aveva addirittura un asteroide che portava il suo nome. Ho aggiunto anche che non era una secchiona, infatti era solita dedicare tanto tempo anche allo sport, diventando persino campionessa nei salti in alto e in lungo.   Ho raccontato che Margherita Hack diceva che” le stelle non sono molto diverse da noi: nascono, crescono, invecchiano e muoiono”. Mi sono permessa di non pronunciare la parola “muoiono” per non turbare i bambini, ma con mio stupore alcuni bambini hanno aggiunto “e muoiono”, dimostrando di sapere benissimo come funzionasse il ciclo della vita. Dopo aver letto tutta la storia, mi sono avvicinata ai bambini per leggere cosa avessero scritto ed ho letto ad alta voce tutte le loro parole che erano rimaste incollate nella loro testa e che avevano meticolosamente scritto sui cartoncini che avevo consegnato, ognuno con i propri tempi, la propria sensibilità e la propria memoria. Parole e pensieri immensi erano incisi sul cartoncino, dalle piccole mani di questi bambini, come “la testa piena di domande”, “Luce”, “donna”, “scoperta”, “buco nero”, “telescopio”, “Marte”, “stelle”, “invecchiano”, “curiosità”…  A questo punto ho dichiarato una cosa che li ha stupiti, ho detto loro che potevano rubare le parole degli altri bambini, se le ritenevano davvero interessanti.  Ho spiegato che le idee degli altri ci arricchiscono tantissimo e non è un reato rubarle. Divertiti da questa idea, hanno arricchito i loro cartoncini di nuove parole, venendo da me a farmele vedere. Dopo Margerita Hack, ho cominciato a leggere, la storia di Marie Curie, specificando che il suo vero cognome era Skłodowska.   Ho spiegato l’importanza di ricordarla con il suo cognome, seppur difficile da pronunciare e da scrivere, e non quello del marito. Ho raccontato che duecento anni fa in Polonia, lei andava in una scuola segreta, perché le donne non potevano studiare all’università. Ho guardato le bambine ed i bambini negli occhi ed ho ripetuto più volte questo concetto: “le donne non potevano studiare, quindi non potevano essere indipendenti e libere. “ Ho letto di quando Marie Skłodowska scoprì che a Parigi c’era una università che le avrebbe dato la possibilità di studiare e che quindi decise di trasferirsi lì. Marie Skłodowska si laureò sia in fisica che in matematica e scoprì che alcuni minerali erano radioattivi, quindi, emanavano potenti raggi e brillavano al buio. Lei restava alzata tutta la notte per vederli brillare. I bambini sembravano incantati. Ho spiegato che le radiazioni hanno un potere strano, possono fare del bene come del male. Possono curare le malattie, ma allo stesso tempo possono anche essere pericolose. Marie Skłodowska, insieme al marito Pierre Curie scoprì due nuovi elementi radioattivi: il polonio e il radio. Grazie a questa scoperta vinse due premi Nobel. Ho sottolineato guardandoli negli occhi che Marie Skłodowska fu la prima donna a vincere il premio Nobel, il premio per le grandi scoperte. A questo punto mi sono resa conto che alcuni bambini avevano associato il premio Nobel ad una specie di coppa della Champions e quindi ai tanti soldi che nella loro testa lei avesse vinto. Ho quindi dovuto frenare brutalmente la loro fantasia, raccontando invece dell’immensa generosità di Marie Skłodowska, la quale, insieme al marito, decise di donare le scoperte all’umanità, senza dunque diventare mai ricca. Dopo una prima delusione di sogni di ricchezza infranti, i bambini hanno capito che anche la generosità, in fondo, era un qualcosa di bello e magicamente, piano piano, con i loro tempi, hanno cominciato a scrivere questa parola sui propri cartoncini e ci tenevano a farmela leggere: “Generosità”. Forse non diventeranno tutte scienziate e tutti scienziati in classe di mia figlia, ma l’importante è che si sentano sempre libere e liberi di poterlo scegliere.   Penso anche che raccontare alle bambine storie

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Il Dizionario Maschilista

NoiD ha raccolto un elenco di espressioni sessiste usate da alcuni uomini (talvolta, anche da alcune donne) e che non vogliamo più sentire né ripetere. Espressioni travestite da battute che – spoiler – non fanno ridere, o da allusioni che  – altro spoiler- non lusingano. Frasi che mortificano perché depistano l’attenzione dalla sfera professionale e che denudano in una stanza piena di persone.  Espressioni che umiliano chi le ascolta, chi le riceve e chi le dice. Le donne sono costantemente sotto tiro. Giudicate troppo giovani per essere prese sul serio o troppo vecchie per fare carriera, egoiste se decidono di non avere figli o tagliate fuori se decidono di averne, per il ruolo di madri troppo avvezze alla vita familiare o poco presenti con figli e partner, per il modo di vestirsi provocante o troppo poco femminile, per il temperamento guidato da ciclo mestruale o menopausa e “altre nevrastenie” spesso correlate alla sfera sessuale. E ancora, giudicate per la capacità di guidare una macchina o un team, di prendere decisioni come una femminuccia sensibile o un maschiaccio. L’atteggiamento maschilista può manifestarsi attraverso affermazioni più o meno velate che denotano una visione patriarcale e discriminatoria dei ruoli di genere arrogante e dominante di alcuni uomini verso le donne ma talvolta anche dalle donne stesse. A volte si tratta di atteggiamenti volontari e altre volte di unconscious bias. In altre parole, è un problema sociale che ostacola la parità di genere e la piena realizzazione dei diritti delle donne. Abbiamo raccolto alcune frasi e le abbiamo raggruppate in ironici sottogruppi.  Buona lettura! Il mansplaining Zitta tu/ Quello che lei intende dire è…  Zittire qualcuna, ammutolirla, imporle il silenzio, farla tacere, toglierle la parola. Oltre a essere un grave segno di cattiva educazione e di non rispetto verso la persona che sta parlando è anche un chiaro sintomo di violenza verbale nei confronti di una donna. Si può togliere la parola anche aumentando il volume della propria voce, o usando il linguaggio del corpo (prevaricatore), il linguaggio verbale maschilista, la posizione gerarchica di potere o l’atteggiamento bullizzante e molesto. Le “battute” Oggi hai le “tue cose”?!  / Quella è frigida! / Se me lo chiedi con quegli occhi… / Con quel corpo potresti metterla ogni tanto una gonna…/ Se a me una donna fa dei complimenti io mica mi offendo… / Te la sei presa? Ma era solo una battuta! / Certo che sono dalla parte delle donne… io le amo tutte! Saper fare ridere è un dono. Ecco, questi esempi sono l’opposto e denotano la demarcazione dei limiti oltre i quali non si deve andare. Spostare l’attenzione dall’ambito professionale a quello sessuale è un gioco scorretto volto a sminuire la persona che subisce questi attacchi, soprattutto se non è consapevole delle battute a lei rivolte.   Le mestruazioni sono di sovente la cornice delle battute sessiste. Parliamo di un fenomeno fisiologico che garantisce la sopravvivenza della specie umana e che riguarda oltre la metà della popolazione mondiale. Un argomento tabù che genera curiosità e scherno. In ogni caso, la causa e soluzione di tutto, sembra essere proprio il sesso. Troppo o troppo poco pudica, questa donna sembra sconvolgere sempre un po’ tutt*. Il paternalismo Poveri figli, sono sempre soli. A che ora rientri a casa?  / A “casa” mia comandano le donne/ Dai è tardi, mandiamola a casa a cucinare / *bip* chiedo scusa alle signore / Cara… tappati le orecchie Pare che la frase “una donna che lavora toglie spazio alla famiglia” sta a “un uomo che lavora porta avanti la famiglia” in modo assolutamente proporzionale. Il lavoro svolto da una donna assume talvolta un valore completamente diverso, genera cioè un vuoto in un altro spazio. Diverso è nel caso dell’uomo che invece che si sacrifica per la famiglia proprio andando a lavorare. Ancora diversa è invece l’accezione del lavoro di cura, designato alla donna come spettanza di diritto e che esula l’uomo dal prendere parte attiva a genitorialità e cura della famiglia in generale. Chi ha questa visione dei confini sociali tende spesso anche a voler proteggere la donna da parolacce, spacconate, battute sessiste. La maschitudine Hai due palle così! / Sei tu che porti i pantaloni in casa Assume valore e parità di trattamento ciò che assomiglia. L’identificazione della donna in caratteristiche o connotati maschili porta al riconoscimento dei suoi diritti. Associati a forza e virilità, dire ad una donna che “ha due palle così” è ritenuto un complimento, un passaggio dal rango inferiore a quello superiore. Così come i pantaloni denotano comando entro le mura domestiche (anche se le donne li indossano da duemila anni). I complimenti Bella e brava! / Per essere una donna devi essere contenta di dove sei arrivata. / Hai degli occhi bellissimi! / Hai un bellissimo sorriso! Confermare a qualcuna che il suo aspetto fisico è gradito alla propria vista in ambito professionale, non aggiunge alcun valore alla relazione né agli obiettivi da raggiungere insieme sul lavoro. Sposta ancora una volta l’attenzione dal professionale all’oggettificazione dei corpi femminili. Stereotipi di genere Certo, le donne sono molto più precise, affidabili e sensibili degli uomini/ Le donne sono multitasking / Non fare la femminuccia… Avete voluto la parità?! / Sembri un maschiaccio / Mettiamo anche un paio di donne in quel panel altrimenti ci fanno la predica / Quella lì ha raggiunto quella posizione grazie alle quote rosa Nel calderone delle battute ci rientrano anche quelle che all’apparenza non sono classificabili. Un mix confuso tra stereotipi di genere, galanteria machista e invidia. Esempi virtuosi Un albero che cade fa più rumore di cento che crescono. A pagare il prezzo del maschilismo non sono solo le donne ma anche tutti gli uomini che provano ad esserne avulsi. Mica macho (https://www.instagram.com/mica.macho/?hl=it ) è la community di uomini stanchi di portare il peso di machismo e patriarcato e che organizzano momenti di incontro, riflessioni di autocoscienza maschile e diffusione culturale nelle scuole. Osservatorio Maschile (https://mailchi.mp/47329395030e/osservatorio-maschile-2023) invece indaga quanto e come le aspettative di genere influenzano la vita a

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Diamo più voci alle donne

Nel corso degli anni abbiamo assistito a un fenomeno apparentemente contraddittorio: da una parte c’è stato un repentino superamento delle enciclopedie, così com’erano intese una volta, e dall’altra invece una crescente richiesta di sapere enciclopedico, favorita dalla diffusione delle informazioni grazie alla rete internet. In questo contesto Wikipedia, nata come esperimento di intelligenza collettiva, è diventata un punto di riferimento, una fonte di conoscenza utilizzata anche nelle scuole. Il divario di genere in Wikipedia La presenza femminile tra i collaboratori dell’enciclopedia libera presenta un divario di genere molto marcato, sia per l’utilizzo, sia per la partecipazione alla creazione delle voci. Un primo studio, iniziato nel 2008 e durato un decennio, ha raccolto i dati di genere tra i contributori di Wikipedia. La prima rilevazione del 2008 vedeva il genere femminile attestarsi al 30,52% dei lettori e al 12,64% tra i contributori e per tutto il decennio successivo la situazione non è migliorata (anzi!). Altri dati, raccolti dal 2019 al 2022 si attestano sulle stesse percentuali di partecipazione femminile, sempre intorno al 13%. In questo studio più recente vi è però un dato positivo: considerando solo i nuovi contributori, la percentuale delle donne è maggiore (20%) rispetto all’insieme complessivo di vecchi e nuovi contributori. La scarsa partecipazione femminile, attiva o passiva, all’enciclopedia libera è purtroppo solo la punta dell’iceberg del divario di genere, che si articola in diversi altri punti. Argomenti e numerosità delle voci Andando ad analizzare la numerosità delle voci di Wikipedia, quelle riguardanti le donne o i soggetti femminili sono decisamente minori. Solo il 16,68% di biografie presenti in Wikipedia in italiano sono dedicate alle donne e la situazione non varia di molto anche negli altri paesi del mondo. Questa disparità è nota da tempo ed è stata affrontata dai media anche con risvolti ironici: nel 2011 le voci sulle scrittrici femministe messicane erano 9 volte meno delle voci dedicate ai Simpson! Tutto questo però non ha contribuito finora a migliorare di molto la situazione. Un altro caso eclatante fu rilevato dal Guardian nel 2018 e riguardava l’assenza della voce dedicata a Donna Strickland, premio Nobel per la fisica. Come possiamo spingere le nostre figlie a imbracciare le discipline STEM, col sogno di diventare scienziate, quando poi le voci dedicate alle scienziate sono così scarse? Diversità nell’attività di editing Nella comunità dei wikipediani, sebbene gli uomini totalizzino un numero di interventi di gran lunga maggiore, il tipo di attività di editing – creazione nuove voci, modifica di voci esistenti, inserimento citazioni, correzioni ortografiche, grammaticali o di contenuto – è invece abbastanza simile tra uomini e donne. Quindi, come abbiamo visto precedentemente, le donne partecipano in misura minore a Wikipedia, ma quando lo fanno la tipologia del loro contributo è analoga a quella maschile. Per quanto riguarda le aree, si riscontra una maggiore attività delle donne nelle arti e nell’area umanistica, a fronte di storia, geografia e scienze per gli uomini; tale differenza riflette le differenze di genere tra i laureati ed è un motivo in più per spingere su un incremento delle lauree STEM al femminile. Se le biografie maschili (69%) prevalgono nel complessivo delle attività di editing sia degli uomini che delle donne, si rivela però una tendenza degli uomini a occuparsi di soggetti del proprio stesso sesso (83%). Questo squilibrio non corrisponde all’interesse dei lettori, perché dall’analisi dei dati di visualizzazione delle pagine si evince che le biografie femminili interessano i lettori quanto – se non di più – di quelle maschili. Biografie storiche femminili La scarsa presenza di voci biografiche storiche femminili è spesso stata correlata alla minore possibilità che hanno avuto le donne di occupare posizioni rilevanti per lunga parte della storia umana. La mancanza di potere delle donne nel corso della storia non ha consentito loro di ricoprire posizioni di prestigio o di fama, condizione che determina la “notorietà” dei soggetti. Uno studio del 2015 evidenzia che l’84,4% delle biografie esaminate riguarda soggetti maschili, il 15,6% quelle femminili e lo 0,0001% identità non binarie. Il risultato sorprendente è che la distribuzione delle biografie storiche femminili è maggiore nelle culture confuciane (27%), dell’Asia meridionale (19%) e dell’Islam (17%), rispetto a quelle europee, latino-americane e africane. Gli autori dello studio hanno spiegato questa tendenza con il “fenomeno della celebrità” che caratterizza le culture confuciane e dell’Asia meridionale. Tuttavia, a pensarci bene, il risultato non stupisce più di tanto, se pensiamo che leader importanti come Indira Gandhi e Benazir Bhutto erano presenti nelle politiche asiatiche già quarant’anni fa, mentre in Italia abbiamo dovuto attendere il 2022 per avere un Presidente del Consiglio donna. Il lessico per le donne Purtroppo la presenza femminile in Wikipedia non presenta solo un problema di copertura, ossia di differenza tra numero di biografie femminili e maschili. Vi è una differenza anche nella struttura delle voci (in termini di quantità e genere dei collegamenti) e di contenuto lessicale (cioè dei termini utilizzati per descrivere uomini o donne importanti). Dall’analisi computazionale dei termini utilizzati nelle voci si riscontra che spesso nelle biografie femminili si enfatizza il fatto che si sta scrivendo di una donna, si dà maggiore spazio rispetto a quelle maschili alla vita privata, alle relazioni sentimentali, alla sessualità (prevalenza di termini come “matrimonio”, “divorzio”, “figli”, “famiglia”), mentre in quelle maschili prevalgono gli aspetti legati ai processi cognitivi e alle attività sportive. Inoltre le voci sulle donne contengono più spesso collegamenti a voci su uomini che non viceversa, determinando un’asimmetria di connessione tra i generi. Divario di genere nella partecipazione Sono state analizzate le cause della scarsa partecipazione femminile nella creazione delle voci di Wikipedia. Una ricerca statunitense del 2013 di Stine Eckert e Linda Stein ha raccolto le spiegazioni proposte dai lettori sul divario di partecipazione e le ha raccolte in quattro principali categorie: Se ne deduce che in Wikipedia è ancora presente una cultura che oppone resistenza alla partecipazione femminile, dovuta principalmente al fatto che coloro che stabiliscono politiche, arbitrano controversie e svolgono attività di alto livello sono principalmente di genere maschile. Per evitare pregiudizi di genere sarebbe necessaria una

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Intersezione tra discriminazioni: il genere e il contesto socio-economico di provenienza

Introduzione La coesistenza della discriminazione di genere con altre forme di discriminazione, come ad esempio quella razziale o quelle legate all’orientamento sessuale o alla classe sociale di provenienza, peggiora le prospettive di crescita professionale delle donne; studiare questa intersezionalità tra forme diverse di discriminazione può aiutare ad adottare soluzioni che tengano conto delle molteplici sfaccettature della nostra identità di donne. Un aspetto spesso trascurato, ma di notevole rilevanza, è la discriminazione di classe, che può avere un impatto fortemente negativo sulla crescita professionale delle donne provenienti da contesti socio/economici più svantaggiati. Cerchiamo di indagarne gli aspetti principali per capire se e come sia possibile alleggerire la pressione del contesto di provenienza sul nostro percorso professionale. Accesso all’istruzione Le donne provenienti da famiglie a basso reddito spesso non possono accedere ad una formazione avanzata e/o adeguata alle proprie ambizioni e ciò, a volte, si riflette sulle prospettive di lavoro. Quindi, è importante abbattere le barriere economiche che impediscono alle donne di formarsi opportunamente per realizzare il proprio potenziale, garantendo un accesso equo all’istruzione e alla preparazione professionale di qualità (vedi i test di medicina, superati in maggior misura da chi ha potuto usufruire di un’adeguata e quindi costosa preparazione). Percezione delle competenze e dell’adeguatezza professionale La discriminazione di classe, a volte, ha ripercussioni sulla percezione delle competenze e dell’adeguatezza professionale: le donne provenienti da contesti disagiati potrebbero subire stereotipi che, associando la classe sociale al valore professionale, creano barriere psicologiche alla valutazione oggettiva della loro capacità, limitandone così le opportunità di crescita professionale. Un esame approfondito di come queste opportunità vengano assegnate potrebbe evidenziare e risolvere eventuali disparità legate alla classe sociale. Inoltre, l’adozione di assessment delle competenze, basati su criteri oggettivi e misurabili, potrebbe ridurre giudizi legati a bias impliciti. Impatto sulla fiducia e l’ambizione Gli stereotipi legati alla classe sociale possono danneggiare anche l’autostima delle donne e la loro fiducia nel perseguire obiettivi ambiziosi: la paura di essere giudicate sulla base del proprio background socio/economico, l’abitudine a vivere un contesto di disagio e, quasi, a non sentirsi in diritto di sognare potrebbero frenare l’ambizione e limitare la partecipazione a opportunità di carriera avanzate. Affrontare questa sfida richiede un ambiente di lavoro (e sociale…) che sostenga e incoraggi le donne, indipendentemente dalla loro provenienza. Costruzione di reti professionali Le donne provenienti da contesti socio/economici più svantaggiati potrebbero avere più difficoltà nella creazione di connessioni utili per la propria crescita professionale: la partecipazione a eventi, a programmi di mentoring e ad altre occasioni di networking spesso richiede un impegno economico non sempre accessibile a tutte. Diventa quindi fondamentale creare piattaforme di networking inclusive e accessibili, garantendo la connessione con professionisti di successo indipendentemente dal proprio background socio/economico. Equità salariale e discriminazione di classe La discriminazione di classe può riflettersi anche nella retribuzione: donne provenienti da famiglie a basso reddito potrebbero, a loro volta, accettare retribuzioni più basse per la necessità di entrare subito nel mondo del lavoro e non pesare ulteriormente sulle famiglie, per l’abitudine a specifiche fasce di retribuzione o solo perché non ci si sente in diritto di chiedere di più. E’ quindi necessario migliorare i processi di assunzione per garantire un approccio più equo alla retribuzione. Assistenza all’infanzia Le donne che vivono in contesti svantaggiati potrebbero non avere accesso a servizi di assistenza all’infanzia che garantiscano una giusta conciliazione del ruolo materno con quello lavorativo, soprattutto dove i servizi pubblici non sono completamente disponibili; quindi, potrebbero trovarsi costrette a scegliere percorsi professionali non in linea con le proprie aspettative ma che compensino queste mancanze. Risolvere queste sfide richiede politiche aziendali e sociali che sostengano le diverse fasi della maternità, come l’offerta di servizi di assistenza all’infanzia o la flessibilità del lavoro. Mancanza di rappresentanza Le donne provenienti da contesti socio/economici di disagio potrebbero non avere modelli di ispirazione, sia maschili che femminili, nella cerchia più ristretta, oppure potrebbero manifestare difficoltà a identificarsi con modelli di leadership che non riflettono la loro realtà. Sarebbe utile allora condividere di storie di successo e di resilienza, mettendo in luce le narrazioni positive delle donne che hanno superato sfide economiche e sociali. Conclusione La discriminazione di classe può costituire un ostacolo significativo per le opportunità di crescita professionale delle donne. Solo attraverso un impegno collettivo a livello aziendale e sociale, possiamo sperare di costruire un futuro in cui tutte le donne abbiano accesso equo a opportunità professionali significative. a cura di Cinzia De Monte

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