Parlare di materie STEM alle elementari

Un giorno di aprile, in una scuola elementare di Roma, è stata organizzata una giornata speciale: genitori o nonni potevano candidarsi per tenere una lezione di scienze ai bambini. Ho deciso di candidarmi per la classe 1 E di mia figlia per parlare di due scienziate: Margherita Hack e Marie Curie. 

Quando sono entrata in classe, ho notato subito lo sguardo complice e divertito dei bambini e delle bambine che, conoscendomi già, erano curiosi e curiose di sapere cosa avrei raccontato. Neanche mia figlia ne era a conoscenza.

Le maestre, che erano presenti e che hanno sostenuto questo progetto con entusiasmo e partecipazione, dopo aver governato con autorevolezza la frizzante vivacità della classe, ad un certo punto, quasi passandomi la palla, hanno dichiarato: “sono tutti suoi, Laura!”

Ho deciso, dunque, di iniziare la lezione salutando la classe con un buongiorno rivolto sia ai bambini che alle bambine. Subito dopo mi sono presentata in modo formale, quasi come si fa ad una riunione di lavoro, cercando però di adottare un linguaggio semplice e intuitivo.

Ho raccontato ai bambini di aver studiato anche io alle elementari, alle medie, al Liceo classico ed infine ho raccontato di aver scelto all’Università la facoltà di Ingegneria Nucleare.  Mi sono dunque definita una Ingegnera Nucleare.

Per rompere il ghiaccio, ho consegnato ad ognuno di loro un cartoncino colorato, spiegando che, una volta ascoltata la storia di ogni scienziata, potevano scrivere una parola, una frase che li avesse colpiti o incuriositi.

Appena ho colto degli sguardi attenti, ho iniziato a leggere la storia di Margherita Hack tratta dal libro: “Storie della Buonanotte per bambine ribelli”, la quale, nata circa cento anni fa, era una astrofisica, quindi studiosa delle stelle e dei pianeti e sosteneva che siamo tutti fatti interamente di elementi creati nel cuore delle stelle. Ho letto ad alta voce di come Margherita Hack scrutasse i cieli, attraverso un telescopio enorme ed ho specificato, scadenzando bene le parole, che aveva la testa piena di domande.

Ho colto l’occasione per sottolineare come avere una testa piena di domande voglia dire essere persone curiose di conoscere il mistero della vita e il meccanismo affascinante della natura.

Ho sottolineato il fatto che è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico e che aveva addirittura un asteroide che portava il suo nome. Ho aggiunto anche che non era una secchiona, infatti era solita dedicare tanto tempo anche allo sport, diventando persino campionessa nei salti in alto e in lungo.  

Ho raccontato che Margherita Hack diceva che” le stelle non sono molto diverse da noi: nascono, crescono, invecchiano e muoiono”. Mi sono permessa di non pronunciare la parola “muoiono” per non turbare i bambini, ma con mio stupore alcuni bambini hanno aggiunto “e muoiono”, dimostrando di sapere benissimo come funzionasse il ciclo della vita.

Dopo aver letto tutta la storia, mi sono avvicinata ai bambini per leggere cosa avessero scritto ed ho letto ad alta voce tutte le loro parole che erano rimaste incollate nella loro testa e che avevano meticolosamente scritto sui cartoncini che avevo consegnato, ognuno con i propri tempi, la propria sensibilità e la propria memoria.

Parole e pensieri immensi erano incisi sul cartoncino, dalle piccole mani di questi bambini, come “la testa piena di domande”, “Luce”, “donna”, “scoperta”, “buco nero”, “telescopio”, “Marte”, “stelle”, “invecchiano”, “curiosità”…

 A questo punto ho dichiarato una cosa che li ha stupiti, ho detto loro che potevano rubare le parole degli altri bambini, se le ritenevano davvero interessanti.  Ho spiegato che le idee degli altri ci arricchiscono tantissimo e non è un reato rubarle. Divertiti da questa idea, hanno arricchito i loro cartoncini di nuove parole, venendo da me a farmele vedere.

Dopo Margerita Hack, ho cominciato a leggere, la storia di Marie Curie, specificando che il suo vero cognome era Skłodowska.  

Ho spiegato l’importanza di ricordarla con il suo cognome, seppur difficile da pronunciare e da scrivere, e non quello del marito. Ho raccontato che duecento anni fa in Polonia, lei andava in una scuola segreta, perché le donne non potevano studiare all’università.

Ho guardato le bambine ed i bambini negli occhi ed ho ripetuto più volte questo concetto: “le donne non potevano studiare, quindi non potevano essere indipendenti e libere. “

Ho letto di quando Marie Skłodowska scoprì che a Parigi c’era una università che le avrebbe dato la possibilità di studiare e che quindi decise di trasferirsi lì.

Marie Skłodowska si laureò sia in fisica che in matematica e scoprì che alcuni minerali erano radioattivi, quindi, emanavano potenti raggi e brillavano al buio. Lei restava alzata tutta la notte per vederli brillare. I bambini sembravano incantati. Ho spiegato che le radiazioni hanno un potere strano, possono fare del bene come del male. Possono curare le malattie, ma allo stesso tempo possono anche essere pericolose.

Marie Skłodowska, insieme al marito Pierre Curie scoprì due nuovi elementi radioattivi: il polonio e il radio.

Grazie a questa scoperta vinse due premi Nobel. Ho sottolineato guardandoli negli occhi che Marie Skłodowska fu la prima donna a vincere il premio Nobel, il premio per le grandi scoperte.

A questo punto mi sono resa conto che alcuni bambini avevano associato il premio Nobel ad una specie di coppa della Champions e quindi ai tanti soldi che nella loro testa lei avesse vinto.

Ho quindi dovuto frenare brutalmente la loro fantasia, raccontando invece dell’immensa generosità di Marie Skłodowska, la quale, insieme al marito, decise di donare le scoperte all’umanità, senza dunque diventare mai ricca.

Dopo una prima delusione di sogni di ricchezza infranti, i bambini hanno capito che anche la generosità, in fondo, era un qualcosa di bello e magicamente, piano piano, con i loro tempi, hanno cominciato a scrivere questa parola sui propri cartoncini e ci tenevano a farmela leggere: “Generosità”.

Forse non diventeranno tutte scienziate e tutti scienziati in classe di mia figlia, ma l’importante è che si sentano sempre libere e liberi di poterlo scegliere.  

Penso anche che raccontare alle bambine storie di modelli di donne nelle materie STEM può accompagnare il loro immaginario con modelli di entrambi i sessi.

Devo ammettere che fare la Maestra per un’ora è stata una esperienza stupenda e che quando all’uscita di scuola un bambino mi ha fermato dicendomi: “Grazie, mi è piaciuta tanto Margherita Hack”, mi sono emozionata ed ho pensato che, in fondo, qualsiasi cosa doniamo ci viene restituita in un circolo meraviglioso di splendida energia.

a cura di Laura Bernardini

Segui la Pagina LinkedIn di NoiD ♀
Segui NoiD su Twitter ♀
INSTAGRAM
Torna in alto

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" acconsenti al loro utilizzo.

Chiudi