Quest’anno come associazione NoiD abbiamo voluto festeggiare l’8 marzo con la visione di un film bello e appassionante, che tratta i temi del femminile e della discriminazione, ma soprattutto della forza delle donne e del riscatto: Hidden Figures – Il diritto di contare.
Questa una coinvolgente recensione che ben esprime il nostro pensiero:
“Se c’è un’immaginazione vitale e una storia segreta dell’intelligenza umana, un capitolo importante è quello narrato nel bel film di Theodore Melfi dedicato a tre donne afroamericane geniali e forti, che dettero un contributo determinante ai voli spaziali americani e, soprattutto, al ritorno degli astronauti sulla terra.
“Il diritto di contare” è l’adattamento del libro “Hidden Figures – the Story of an african – american women who helped win the space range” di Margot Lee Shetterly e narra con lievità pensosa la lotta per l’affermazione condotta dalla scienziata e fisica africano – americana Katherine Johnson e dalle sue colleghe e amiche Dorothy Vaughan e Mary Jackson, rispettivamente la prima donna ingegnere e (forse) la prima programmatrice di computer (IBM) e supervisore della storia americana.
Non a tutti è dato rompere gli schemi utilizzando la geometria analitica, eppure fu proprio questo il destino di Katherine Johnson, alla quale solo nel 2016 la Nasa ha dedicato un edificio.
Sebbene i pregiudizi razziali e sessisti dell’America di metà Novecento costituissero, perfino tra gli ingegneri e i matematici della Nasa, la barriera principale per l’affermazione di giovani e intraprendenti, meravigliosamente intelligenti e immaginative donne di colore, il film è incentrato sulla reazione difensiva che la mediocrità e anche forme molto evolute d’intelligenza possono avere quando sulla loro traiettoria uniforme si pongono spiriti che vedono oltre e si battono per verificare le variabili decisive del destino.
Il film di Melfi inizia a terra, al livello dell’orizzonte e poi si eleva progressivamente, costringendo ad alzare lo sguardo, la prospettiva. Quasi un musical con arrangiamenti jazz di classici di Brubeck e soprattutto Miles Davis (la partenza della missione Freedom 7 sulle note di “So what”), a sottolineare, se mai ve ne fosse ancora bisogno, l’apporto creativo che la cultura afro ha dato all’identità culturale americana.
Film di grandi individualità, ma con un respiro corale, che non tralascia la dimensione familiare ed intima come si addice a un punto di vista femminile, “Hidden figures” ricorda che non solo i pregiudizi ma anche la legge di gravità può essere vinta e nuove orbite disegnate utilizzando calcoli (principi e metodi) antichi, sempre validi, se la ragione è capace di compenetrare i sentimenti e se si ha il coraggio di compiere passi in avanti.
Il vero obiettivo non è salire in alto, ma tornare indietro per poter raccontare cosa si è visto. Per far questo è necessario che tutti i calcoli siano esatti, e soprattutto che ci sia un luogo che si possa considerare casa dove poter tornare. E questo forse, tra gli individui intelligenti e sensibili, solo le donne (alcune, in particolare) sono in grado di capirlo, realizzarlo, realizzando se stesse, e di combattere per farlo durare. Dall’oscurità alla luce, come nella rotazione del corpo celeste su cui viaggiamo.”
effe